Inizialmente, come spesso facevamo, ci dirigemmo verso il sole, ma durò pochi secondi, fummo poi costretti ad invertire la direzione per qualche attimo per poi dividerci, come era giusto. Ci saremmo riuniti, forse. Seguii quelli che erano con me nei cambi di direzione per molto tempo, qualche volta cambiai io la direzione, ma più spesso altri. Avrei dovuto farlo per molti mesi ancora.
L'aria era adesso pulita e scorreva su di noi. Si doveva andare a destra, qualcuno pensò, e dovemmo seguirlo tutti. Poi per un attimo fummo costretti a dirigerci verso il basso, dove camminava un uomo che ci guardava con aria da bambino.
Lo stormo di uccelli che stavo osservando per un attimo venne verso di me per poi continuare nella propria meravigliosa danza. Non smettevo mai di meravigliarmi come un bambino ai disegni fantastici che gli storni creavano in autunno. Chissà quale logica seguono le loro evoluzioni. Invidiai la loro libertà.
Mentre ero così assorto, mi tornò in mente la canzone di Battiato, dove le traiettorie degli uccelli sono "codici di geometria esistenziale" che "cambiano le prospettive al mondo". Desiderai ascoltarla, ma non era tempo per pensieri musicali.
Riconsiderai la mia situazione, avevo perso l'autobus per il centro di Tankshabad, e probabilmente non sarei arrivato in tempo all'appuntamento. E pazienza. Il problema vero era però che in quel momento mi sentivo completamente vulnerabile. A piedi, con la mia valigetta in mano, percorrevo una strada secondaria di un paese straniero. La popolazione era generalmente amichevole, però avrei senz'altro preferito essere già arrivato.
In quel momento sentii il rumore di un aereo della Emirates che stava decollando dal vicino aeroporto, mi volsi a guardarlo invidiando le persone che stavano comode nelle loro poltrone della business class, e che stavano tornando a casa.
Quel giorno rinunciai alla abitudine di chiudere gli occhi durante il decollo. Decisi che avrei guardato quella terra fino a quando sarebbe rimasta visibile. Mentre guardavo fuori dal finestrino, vidi un tizio con una valigetta in mano, in lontananza. Camminava con passo svelto in una strada vicino alla pista di decollo, sembrava un europeo od americano, e sembrava guardare il decollo. Lo immaginai con l'espressione di un bambino. Mi fece quasi tenerezza, e mi tornò la tristezza che avevo cercato di sopire con i tre bicchieri whiskey già bevuti. Lo invidiai, perchè lui sarebbe rimasto.
Una parte della mia vita sarebbe finita quel giorno, con quella partenza. Sapevo che non sarei più tornato e avevo timore di cosa mi avrebbe portato il futuro. Più di tutto mi spaventava la povertà. Non la povertà nei paesi come Oukbar, ma la povertà nei paesi come il mio.
Provai a scacciare quei pensieri riprendendo a leggere il libro di Henry James che avevo con me. Mi confortava quell'atmosfera senza tempo che si respira nei suoi racconti. Mi sembrava di viverle, le cerimonie del tè e le cortesie e falsità vittoriane. Mi piacevano quei viaggi che duravano settimane, e quel vivere improduttivo.
Azionai il pulsante per chiamare l'assistente di volo per un altro whiskey, avrei approfittato della business class fino al ridicolo. Vidi con la coda dell'occhio un aereo in lontananza che stava iniziando la manovra di avvicinamento all'aeroporto di Tankshabad e pensai alla fortuna dei piloti di aerei, che viaggiano sempre e girano il mondo in alberghi di lusso in mezzo a tante bellissime assistenti di volo. Loro possono sempre tornare, è il loro lavoro. Io non sarei più tornato ad Oukbar.
Il controllore di volo ci avvisò dell'aereo della Emirates che avevo sulla sinistra, con il suo accento barbaro: "...you have an Airbus A340 atchour 10 o' clokke...it shouldde be no fakketor" (Avete un Airbus A340 sulla sinistra, non dovrebbe creare problemi). E grazie, lo avevo visto già da me. Beati loro che se ne stanno andando da questo posto infame. Iniziai a provare il fastidio non appena entrato nello spazio aereo di Oukbar, sentendo l'accento dei controllori di volo. Mi venne da ridere pensando che affidavamo la nostra sicurezza a questi signori. Abbassai di un altro punto i flap e ridussi di poco i motori.
Avevo provato a farmi cambiare tratta già un anno fà, ma prima accontentano sempre i raccomandati. Continuammo la manovra di avvicinamento e completammo l'atteraggio come fosse in automatico, e ovviamente non lo era, perché figurarsi se quell'aeroporto da quattro soldi aveva l'ILS. Comunque, l'aver effettuato l'atteraggio in manuale, mi dispenso' per cinque minuti dal dover pensare a come far passare i tre giorni a Tankshabad.
Ignorai, come sempre, le indicazioni che l'ometto con le bandiere mi stava fornendo per dirigermi al parcheggio. Agitava le braccia per fare scena e guadagnarsi lo stipendio, un buono stipendio senz'altro per gli standard locali. Lo invidiai, lui in fondo apparteneva a quel posto, era la sua casa, per sudicia che fosse. E senz'altro ci stava bene.
Fornii le indicazioni necessarie al pilota del 777 BA742 da Londra, per poter parcheggiare l'aeromobile. I piloti mi sembravano come i guardiani del paradiso di Allah, che traghettavano i fedeli da una sponda all'altra. Invidiai il pilota per il suo accesso al paradiso che a me era negato.