mercoledì 18 aprile 2018

Earthrise


Ero di ritorno da Bologna, dove ero stato ad un concerto di Roger Waters[1]. Avevo convinto il caporedattore della testata del quotidiano locale dove lavoravo a farmi partecipare, naturalmente a spese dell’editore, per poter fare un articolo sull’evento. Avevo faticato molto a convincerlo, inventandomi una presunta malattia dell’ex bassista dei Pink Floyd, sconosciuta al grande pubblico, che lo avrebbe forse allontanato dalle scene. Questo concerto sarebbe quindi forse stato l’ultimo, ed il nostro giornale uno dei pochi ed essere presente. In realtà non era vero, avevo inventato questa bufala perché ero un fan sfegatato dei Pink Floyd, volevo esserci, e potevo sempre dire che ero stato io stesso vittima della bufala.

Negli ultimi anni andava sempre peggio, e mi mandavano sempre di meno ad eventi del genere. La crisi della carta stampata, dicevano. Ormai la crisi si era istituzionalizzata, era diventata modo di vivere. La maggioranza delle nuove e speranzose leve non conoscevano altro metodo che il tirare a campare di ormai praticamente tutti i quotidiani locali. Questa volta ce l’avevo fatta. Avevo dovuto promettere di ascoltare i nuovi album degli artisti locali per poi poterne scrivere, cosa che odiavo, per la cronica pochezza del panorama musicale nostrano.

Il concerto era stato memorabile, come da prassi Pinkfloydiana. Effetti sonori e visivi memorabili. Una riproposizione filologicamente accurata dei pezzi storici della grande band inglese, conditi da qualche brano di Roger Waters, tollerato, anzi applaudito, dal pubblico che però li considerava visibilmente mero antipasto in attesa delle prime note dei grandi brani.

Il concerto inizia con Speak To Me, dall’album The Dark Side of The Moon. I Pink Floyd erano maestri dell’attesa, del preliminare che solletica l’appetito. Tappeti di archi sintetici che partono dal silenzio di migliaia di ascoltatori estatici di cui ne provano la pazienza, conditi da effetti sonori al confine tra udito e visione. Breathe - respira, che poi parte la cavalcata di basso di One of These Days, dall’album Meddle, una cavalcata che sembra durare per sempre. Uno di questi giorni ti prendo e ti faccio in mille pezzi[2]. Ci vuole tempo per prendermi. Tempo – Time, dall’album The Dark Side of the Moon, parte con il basso con le corde stoppate che scandisce i secondi a lungo, finché non ci troviamo vecchi, un giorno più vicini alla morte[3]. Ma non abbiamo paura della morte, prima o poi succederà[4]. Se deve succedere, che succeda mentre ascoltiamo The Great Gig in the Sky, dell’album The Dark Side of the Moon. Roger Waters ci ha fatto una sorpresa, non una voce angelica, ma due angeliche e bionde coriste riprendono il meraviglioso e sofferente gorgheggio della cantante della canzone originale e ne raddoppiano lo spessore con un controcanto dalle trame strazianti e pacificatrici.

Sarebbe potuta finire qui, su questa vetta. Me ne sarei andato con un sorriso ebete e sensi appagati.

A seguire, un pugno nello stomaco. Welcome To The Machine, dall’album Wish You Were Here, ci porta giù nel profondo, dal paradiso delle voci sottili e del pianoforte, un gran coda bianco certamente, all’inferno dell’alienazione di una periferia imbruttita di industrie pesanti, e di sogni infranti. Benvenuti nel macchinario.

Roger Waters ci ha poi proposto alcuni dei suoi pezzi, belli, significativi, ma non ancora marchiati a fuoco nel cuore collettivo di noi piccoli ingranaggi del macchinario. Perdonaci, siamo lenti. Cantiamo i tuoi inni con quarant’anni di ritardo medio. Sarà che noi, ingranaggi del macchinario italiano siamo, e meritiamo di essere, pendolari dal ritardo cronico. Non è solo colpa nostra. Sono i treni. E’ il Governo. Con Mussolini arrivavano in orario, però. Roger, non ti possiamo capire, non mastichiamo bene l’inglese, purtroppo.

A seguire, un occasione perduta. Wish you Were Here, dall’album omonimo. La riproduzione del brano si discosta in due-tre punti dalla versione canonica, ortodossa, incisa da lunghe sessioni di ascolto nella nostra corteccia uditiva. É la voce di Waters che cambia la chiusura della melodia in alcuni punti essenziali. E’ una sua scelta personale. Il suo modo di dirci che può ancora scegliere.

Forse è giusto così. La canzone, come tutto l’album da cui è tratta, è una celebrazione dell’assenza. L’assenza di Syd Barrett, storico chitarrista dei Pink Floyd, incapacitato dagli eccessi. L’assenza del padre di Roger, perso durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo lo sbarco di Anzio. Crediamo di poter scegliere, tra il paradiso e l’inferno, tra il cielo ed il dolore. Poi finiamo a rinchiuderci nella nostra palla di vetro, come pesci rossi, anno dopo anno[5].

Poi l’apoteosi. Il carnevale. Another Brick in The Wall. Noi, che nel celebrare lo slogan anti-omologazione gridiamo di non volere allineare i nostri pensieri, lo facciamo in diecimila, con la stessa intonazione e portando lo stesso tempo. Roger, vergognati. Avrai mica fatto la fine dei maiali di Orwell? Invece di regalarci la libertà ci hai vestito a festa la prigione, ci hai abbellito il macchinario. Chissà se ci pensi ancora, o se per te è un lavoro come un altro. Io scribacchino di un giornale locale, tu perno di uno spettacolo ben oliato che genera danaro e regala illusioni di giovinezza e libertà. In ultima analisi, entrambi ingranaggi del macchinario.

A seguire due brani dell’album Animals, Dogs e Pigs, conditi da immagini violente di poveri che piangono e potenti che se la ridono. Per fortuna il mio inglese non mi fa capire quel testo demenziale con tribune elettorali.

Inizia un suono di monete e vecchi registratori di cassa a ricordarci qual’è il motore del macchinario guidato dai potenti di prima. Finalmente parte l’inusuale ritmo in sette quarti di Money, iconico incipit musicale dall’album Dark Side of The Moon, per la gioia del pubblico. Altre immagini distopiche a raccontarci la sofferenza dei troppi poveri, e la presunta serenità e perfino allegria dei pochi ricchi e potenti, tra cui diversi potenti italiani. Forse una narrativa, se pur duramente reale, inutile. Ti piace vincere facile? Chi oserebbe non essere d’accordo con te? Che ne facciamo di tutto ciò? Tu potresti fare di più, hai una grande responsabilità. Hai un esercito, solo stasera, di diecimila persone che marciano al tuo ritmo, come i martelli che fanno il passo dell’oca nel video di The Wall. Ripensandoci, magari lo fai, magari oltre ad aizzarci senza offrire soluzioni, fai qualcosa per questi poveri. Cosa fai? Possiamo aiutarti?

Inizia il brano che dà il titolo al tour, Us and Them, ancora dall’album The Dark Side of the Moon. Intelleggo solo una frase della canzone, and who knows which is which and who is who. Da che parte stiamo, o meglio, quali sono le parti? Destra e Sinistra? Sopra e sotto? Comunismo e Fascismo? Socialismo e capitalismo? Cristiani e Musulmani? Di quale tribù faccio parte? É la domanda che è sbagliata, non fatemela più.

Rifletto su questo, che è sempre una buona cosa, mentre altri brani via via si alternano, uno dei brani di Roger Waters solista, e poi via via Brain Damage ed Eclipse, entrambi dall’album Dark Side of the Moon e Mother dall’album The Wall.

L’inizio dell’ultimo brano mi riportano al concerto. Comfortably Numb, anche questo dall’album The Wall. Due meravigliosi assoli di chitarra che ti riportano in pace con il mondo. É la fine della messa, andate in pace. Roger, tu ed i tuoi vecchi compagni avete fatto della musica stupenda.

Comfortably Numb, confortevolmente insensibile. Questo siamo diventati. Le immagini di poveri che rimestano le discariche sono parte di uno show ben congegnato, bellissimo, struggente, ma in ultima analisi un macchinario. Welcome to the Machine.

Mentre scrivevo queste note, ripensando al concerto, immaginavo di scrivere i miei pensieri così come si erano generati, nell’articolo. Mi sembravano vivi, andavano al cuore di ciò che sentivo, di ciò che volevo comunicare. Dovevo tornare al mio macchinario. Potevo offrire riflessioni così fuori dal coro in un quotidiano di provincia, peraltro politicamente ben schierato? Tornai indietro e corressi con decisione. Destra e sinistra sono necessari, non sono mica tribù. Limai i commenti che non si allineavano alla visione politica dei lettori e decisi di mantenere un tono di maggiore ammirazione dell’artista per tenermi buoni tutti i suoi ammiratori, evitando (quasi) qualsiasi riflessione critica, se non un accenno, per darmi un tono intellettuale. Avrei preferito tenere l’originale, ma come tutti gli italiani, sono padre di famiglia anch’io.

Avevo ancora un paio d’ore prima del volo di ritorno, ed a malincuore mi decisi ad ascoltare i tre album degli artisti locali, su cui avrei dovuto scrivere recensioni. Iniziai dagli artisti che conoscevo, e sui quali avrei dovuto scrivere bene. Li ascoltai velocemente, giusto per confermare che non c’erano sorprese, ed avrei copiato ed incollato l’articolo dell’anno prima, con minime modifiche, per non scoprire il gioco. Il primo era un cantante melodico, tre accordi e via. Sempre innamorato, beato lui, e dalla rima facile. Il secondo non era male, mi era simpatico. Era un rock sincero, magari non memorabile, ma orecchiabile. Cantava in inglese, e la pronuncia era scorretta. Avrebbe, forse, funzionato in provincia, ma sarebbe stato ridicolizzato altrove.

Il terzo artista non lo conoscevo. Usava lo pseudonimo di Jim Grimble. Cissà perché, immaginavo che avesse un nome inutilizzable da artista, tipico delle parti nostre, tipo Oronzo Guadalupi o Vito Melpignano.

L’album si chiama Earthrise. La foto di copertina rappresenta la fotografia della NASA chiamata appunto “Earthrise”, in italiano “Il Sorgere della Terra”.

Earthrise è il titolo della famosissima foto che rappresenta la Terra, parzialmente in ombra, con in primo piano la superficie lunare, non appena ritorna visibile all’Apollo 8 che orbita la luna, come appunto il sorgere del sole. La foto è una foto pesante. È ritenuta una delle fotografie più influenti mai scattate, tanto da essere inclusa nella lista delle "100 fotografie che hanno cambiato il mondo".

Anche il primo brano si chiama Earthrise. Lo ascolto. È un brano strumentale, ricorda molto un brano degli E.S.T. (Esbjörn Svensson Trio), un trio jazz svedese che ho molto amato. Purtroppo il leader del trio morì durante un immersione a mare, a pensarci bene una morte simile a quella di Jeff Buckley.

Cerco di ricordarmi il brano in questione. Si tratta di “From Gagarin's Point of View”. Curiosa citazione, entrambi i titoli sono dal punto di vista di persone nello spazio, rispettivamente Yuri Gagarin e l’equipaggio dell’Apollo 8. Ascolto il brano degli E.S.T. In effetti hanno un atmosfera ed un architettura molto simile. Provo a riascoltarli entrambi, non è che il nostro amico Jim ha copiato, sperando nel fatto che gli E.S.T. non siano conosciutissimi da noi? In effetti le melodie sono diverse, così come la linea di basso: tecnicamente diversa, ma funzionalmente simile. Indubbiamente una citazione, ma non una copia, almeno non mi sembra. Jim inizia ad intrigarmi, ha frequentazioni musicali interessanti ed ispirazioni non ovvie. Certo, il pezzo è strumentale, non avrà mai successo.

Passo al pezzo successivo. Il titolo è SS16, Strada Statale 16? Probabilmente si, visto che parte da Otranto, passa per tutta la nostra provincia e finisce a Padova. Anche questo pezzo è strumentale. Anche questo mi sa vagamente di già sentito, dove? Provo a ripassare a mente i musicisti di jazz moderno leggero. Non mi viene in mente. Vado su Spotify, scorro artisti simili: Mammal Hands? Trio Elf? Tingvall Trio? Finalmente credo di trovarlo, si tratta di Hopopono dei GoGo Penguin. In questo caso non è una somiglianza così ovvia. Anche in questo caso è più il senso del brano simile, ma la melodia e gli accordi sono diversi. Jim mi intriga, non sarà il nuovo Miles Davis, ma quanto meno il suo album mi da la soddisfazione che deve avere il Commissario Montalbano quando trova il colpevole.

Il terzo brano è spiazzante, strano. Il titolo è No Way Out. Non viene alla mente nessun altro brano. Un leggerissimo accenno di già sentito a metà del pezzo, ma nel suo insieme mi suona nuovo e diverso da altre cose che ho sentito. Armonie atonali all’inizio ed alla fine. Accordi diminuiti e scale esatonali. Nel mezzo una parte tonale, anche se con cambi di accordi non banali, poi una parte in Re minore, per poi finire in esatonale. Il ritmo sembra essere un cinque quarti, in altre parole una condanna a morte per un pezzo musicale. L’unico pezzo di successo con una metrica dispari è Money dei Pink Floyd, poi si scende giù ai pezzi di jazz di Dave Brubeck (Take five il pezzo – splendido – più noto) o al prog rock più ostico degli anni 70. Insomma, un pezzo destinato al dimenticatoio: metrica dispari, armonie atonali e pezzo strumentale. Mi viene in mente la somiglianza che avevo trovato in un breve frammento nel mezzo, sembra, sia armonicamente che melodicamente, simile ad una Gnosienne di Satie. La cerco su Spotify e ne ho conferma, si tratta della Gnosienne n. 3. Il Commissario Montalbano de noantri ce l’ha fatta un’altra volta.



[1] Tour “Us+Them” 2018 di Roger Waters. Concerto del 25 Aprile 2018 all’Unipol Arena
[2] Dal testo di One of These Days
[3] Dal testo di Time
[4] Dal testo di Great Gig in the Sky
[5] Dal testo di Wish You Were Here

martedì 13 marzo 2018

Octopoli

Circa 13.5 miliardi di anni fa, l’universo, come lo conosciamo adesso, si è formato attraverso ciò che adesso conosciamo come “Grande Botto”.

Circa 3,8 miliardi di anni fa, nel nostro pianeta chiamato Octopoli, il terzo del nostro sistema planetario a partire dalla nostra stella, certe molecole si sono combinate in modo da formare degli organismi replicanti, in osservanza delle leggi della chimica e della fisica stabilite dal Grande Essere per questo universo.

Circa 500 milioni di anni fa un ramo fondamentale di esseri viventi, che contiene i molluschi, si separa dagli altri esseri viventi. Circa 300 milioni di anni fa, i cefalopodi si separano dagli altri molluschi, e diversi milioni di anni dopo, gli octopodi si separano dagli altri cefalopodi.

A questo punto le date diventano meno precise, a causa della difficoltà di datare i genomi su intervalli di tempo più ridotti. Circa 2 milioni di anni fa un nostro antenato, l’Octopus Vulgaris si separa dai nostri cugini, tra cui l’Octopus Rubescens e l’Octopus Tehuelchus, e forma un ramo proprio dell’albero della vita. Circa 1.5 milioni di anni fa una nuova specie, l’Octopus Habilis, appare sulla scena, con l’estinzione più o meno nello stesso periodo dell’Octopus Vulgaris, forse a causa dalla maggiore intelligenza dell’Octopus Habilis nello sfruttare l’ambiente. Alcuni studiosi ipotizzano che l’uscita di scena del Vulgaris sia stata anche dovuta alla cannibalizzazione degli esemplari di Vulgaris da parte degli Habilis, ma non ci sono risultati conclusivi che dimostrino ciò, anche se altre specie di octopodi mostrano preopensione al cannibalismo, in certe situazioni.

Il periodo che va da circa 300 mila anni fa a circa 50 mila anni fa, vede la comparsa dell’Octopus Sapiens, strutturalmente meno robusto del cugino Habilis, ma molto più intelligente. Anche in questo caso, ma più gradualmente, il cugino di intelligenza inferiore viene costretto all’estinzione. Anche in questo caso ci sono molte suggestioni che sembrano indicare il cannibalismo tra specie simili come una concausa. Tra queste suggestioni, anche il tabù culturale tipicamente octosapiens, contro il cannibalismo.

Circa 50 mila anni fa, organismi appartenenti alla nostra specie, l’Octopus Sapiens, iniziarono a creare strutture ancora più elaborate chiamate “cultura”. Lo sviluppo successivo di queste culture Octopodiane è chiamato storia.

Tre importanti rivoluzioni hanno segnato il corso della storia: la rivoluzione cognitiva, che di fatto ha iniziato il corso della storia come la conosciamo 50 mila anni fa; la rivoluzione alimentare, che ha velocizzato la storia circa 10 mila anni fa e la rivoluzione scientifica che è iniziata solo 300 anni fa, ma rischia di finire la storia o di modificarla radicalmente. Questo racconto narra la storia di come queste tre rivoluzioni abbiano avuto impatto sugli Octopus Sapiens e gli altri organismi di Octopoli.

La conquista di Octopoli

Gli octosapiens non sono nè i più forti, nè i più veloci animali di octopoli. Non hanno corazze per proteggersi, nè scheletri per sorreggersi. Come hanno fatto questi umili rappresentanti del regno animale a conquistare Octopoli e a diventarne di fatto i dominatori? Parecchia ricerca ha cercato di fare luce su questo, ne faremo qui brevi cenni.

Sviluppo cerebrale e locomozione a getto hanno permesso di utilizzare, fin dai primi antenati dell’octosapiens attuale, i tentacoli come mezzo per costruire ed utilizzare strumenti e fare evolvere molte delle varie attività, liberandole da compiti di locomozione. Uno degli elementi che ha differenziato gli octosapiens dagli altri animali è senz’altro l’abilità dei propri tentacoli, che condividiamo con altri octopodi e molluschi. L’elongazione dei tentacoli, e lo sviluppo del sistema nervoso per il loro controllo fine ha permesso l’acquisizione di progressive abilità pratiche e capacità tecniche.

L’evoluzione degli octosapiens è caratterizzata da un certo numero di importanti tendenze fisiologiche, incluse l’espansione del cervello e del sistema nervoso, che arriva ad un volume di 630 centimetri cubici, oltre il doppio di altri octopodi o dei decapodiformi (calamari o seppie). L’aumento del volume del cervello ha permesso lo sviluppo di relazioni sociali di maggiore complessità, mentre l’espansione del sistema nervoso ha permesso da un lato, un maggiore controllo sui movimenti dei tentacoli ad un livello molto superiore ai nostri cugini, e dall’altro un finissimo controllo sui cromatofori dell’epidermide. Quest’ultima capacità, inizialmente utilizzata a scopo di mimetizzazione, è stata via via utilizzata a scopo di comunicazione tra individui, fino ad utilizzare una effettiva larghezza di banda nella comunicazione, in altre parole quantità di informazione per unità di tempo, di gran lunga superiore a qualsiasi altro animale.

Vi sono diversi altri animali dotati di discreta intelligenza. Tra in nostri cugini più vicini, altri octopodi le varie specie di seppie e calamari, ed in modo particolare la seppia ed il calamaro giganti.  Questi ultimi condividono con noi la capacità di controllare i cromatofori, ma soltanto a scopo mimetico, o di comunicazione di base.

Vi sono anche sorprendenti isole di intelligenza in animali a noi molto distanti. Per rimanere in ambiente marino, vi sono molte specie di delfini che hanno una spiccata intelligenza, come gli octosapiens del passato imparavano a proprie spese. Nel passato molti octosapiens finivano in pasto ai delfini, se incautamente trovati a nuotare in acque libere. Oggi, naturalmente questo non succede più, se non in rari casi isolati.

Uscendo dal mare, ed immergendoci nell’aria vi sono altre strane specie di rimarchevole intelligenza. Tra queste alcuni uccelli, animali che si muovono con molta agilità nell’aria, ed in particolare i corvi ed alcuni pappagalli. Altri animali di notevole intelligenza sono i suini, animali che vivono spostandosi sul fondo dell’atmosfera e i primati, tra cui lo scimpanzè e l’uomo.

Alcuni scienziati sostengono che questi ultimi sono quanto di più vicino possiamo immaginare ad un intelligenza aliena. Vivono legati al margine dell’atmosfera, spostandosi su due arti (l’uomo) o su quattro (lo scimpanzè). Hanno un controllo dei propri arti superiori sorprendente, e riescono persino ad usare strumenti, generalmente utilizzando le mani, appendici prensili poste all’estremità degli arti.

L’uomo lavora comunemente le pietre per renderle conformi alle proprie varie necessità (cacciare, tagliare, eccetera). L’uomo, ed altri primati, riescono a comunicare attraverso vibrazioni che emettono nell’aria. Uno dei limiti di questa forma di comunicazione è la stretta larghezza di banda. In altre parole, poche informazioni alla volta possono passare da un uomo ad un altro. Per paragonare questo dato alla comunicazione degli octosapiens basti pensare che la comunicazione dell’uomo è monodimensionale (l’aria può condurre una sola serie di vibrazioni alla volta) mentre la comunicazione degli octosapiens è bidimensionale (possiamo mostrare immagini con altezza e larghezza). Matematicamente, se un uomo passa n informazioni, l’octosapiens ne può passare n al quadrato. Secondo alcuni scienziati, questo è il limite fisiologico che non ha permesso all’uomo di evolversi ulteriormente.

Altri animali che mostrano aspetti di sorprendente intelligenza includono gli insetti, tra cui le api che hanno una vita sociale molto articolata, e le termiti, capaci di veri e propri capolavori architettonici, ed alcuni ragni.

Come detto, alcuni di questi animali sono nostri cugini, mentre altri sono molto distanti da noi, geneticamente. La relazione tra noi e loro è esemplificata nell’albero filogenetico mostrato in figura 1.

Figura 1 - Albero filogenetico che evidenzia alcune specie di elevata intelligenza e la relazione tra esse e gli octosapiens.

La rivoluzione cognitiva

Instintivamente ci rendiamo conto che gli octosapiens sono superiori a tutte le altre specie, grazie alla loro intelligenza. Ma cosa vuol dire questo, esattamente? In che senso siamo superiori? Concetti che vengono in mente nel descrivere questa differenza includono consapevolezza, coscienza, comprensione. Filosofi hanno dedicato libri nel definire con precisione questi termini nel contesto in cui li abbiamo qui introdotti, ma noi li useremo nel loro senso “comune” senza preoccuparci di definizioni accurate.

Alcuni autori propongono una tassonomia di quattro gradi , rispetto alle competenze necessarie per definire la capacità di comprensione:

• Creature con apprendimento cablato: in questo grado la comprensione della specie è totalmente scritta nel loro codice genetico. I piccoli della specie nascono sapendo tutto ciò che gli serve. Nessuna esperienza contribuisce a modificare il loro comportamento. In altre parole, l’unico determinante della loro comprensione è il processo di selezione naturale, formulato e descritto da  Kkhljui . Esempi includono: le poseidonie, le alghe, i coralli.

• Creature con apprendimento basato su condizionamento operante: in questo grado la comprensione della specie è anche derivata da semplici esperienze come negli esperimenti di  Gkhutcj ove diverse specie animali sono state indotte ad imparare nuovi comportamenti in base a semplici condizionamenti ove specifiche risposte sono state istigate con delle gratificazioni o  specifici comportamenti estinti se associati a delle punizioni. Tutti gli octosapiens che possiedono una piccola seppia sanno che con le polpette di gambero si possono insegnare ai loro piccoli amici comportamenti complessi. Altri esempi includono: i carangidi, diverse specie di granchi, le aragoste. 

• Creature in grado di simulare scenari futuri: in questo grado, la comprensione include la possibilità di creare modelli e simulazioni più o meno semplici in modo da “fare morire le ipotesi al posto loro” come ha scritto Dgaenlkd  . Questo livello di competenza è raggiunto da pochi animali, tra cui alcune specie di nostri cugini, gli octopodi, i delfini, alcuni primati e l’uomo.

• Creature che possiedono strumenti di pensiero: in questo livello di competenza, raggiunto solo dagli octosapiens, come scritto da Pfownals  . Qui gli individui hanno un arsenale di strumenti di pensiero astratti e concreti, quali il linguaggio, la matematica, il metodo scientifico, e molti altri ancora.

I quattro gradi presentati sopra sono indicativi, e sono probabilmente parte di un continuum piuttosto che quattro classi discrete e disgiunte. Quel che è certo è che gli octosapiens formano una categoria a parte, e sono gli unici membri dell’ultima classe - con netto distacco dagli altri esseri viventi. Come è nato questo distacco?

Non c’è certezza su questo, non essendoci evidenze materiali fossili o scritte. Molti studiosi presumono che il linguaggio sia stato il catalizzatore di questi cambiamenti, probabilmente insieme ad una aumentata propensione sociale. Ci sono evidenze, anche se non conclusive, che i nostri antenati Octopus Vulgaris avevano scarse propensioni sociali, se non in rari casi. Probabilmente ad un certo punto un miglioramento nella capacità comunicativa ha innescato migliore comprensione e socialità tra i nostri antenati, a sua volta incoraggiando ulteriori miglioramenti nel linguaggi, iniziando un circolo virtuoso. La possibilità opposta è anche possibile, e per certi versi più probabile: una maggiore socialità, dettata da variazioni genetiche in individui di una specifica popolazione o da un ambiente dove la maggiore socialità garantiva migliori garanzie di sopravvivenza e riproduzione può aver catalizzato un utilizzo intenzionale delle capacità mimetiche a scopo comunicativo. Alcuni studiosi sostengono che sebbene il controllo dei cromatofori dei nostri antenati Vulgaris fosse più grezzo rispetto al nostro, sarebbe stato sufficiente a comunicare in modo abbastanza complesso. Simulazioni in merito sembrerebbero confermare questa ipotesi.

Una significativa accelerazione di questo circolo virtuoso sembra avvenire circa 50 mila anni fa. Dal linguaggio alla rappresentazione simbolica su foglio di posidonia (4 mila anni fa) fino alla digitalizzazione a base di triplette binarie sui moderni sistemi di stoccaggio e manipolazione informativa (50 anni fa), il passo è breve, almeno in termini di intervalli di tempo evolutivi. Il linguaggio, e la sua rappresentazione, sono quindi la base di tutti gli strumenti di pensiero che rendono gli octosapiens il pinnacolo dell’evoluzione. Basti come esempio la matematica, che può essere vista come una formalizzazione specifica del linguaggio, quasi una branca a parte, nata in parte per risolvere problemi specifici, ed in parte sviluppata per considerazioni quasi estetiche, anche in assenza di applicazioni pratiche, che pure, in alcuni casi specifici sono pure avvenute .

La rivoluzione alimentare

Per milioni di anni la dieta degli octopodi è consistita prevalentemente di molluschi bivalvi e crostacei, e, pur occasionalmente, pesci e molto altro ancora, adattandosi egregiamente alle situazioni più eterogenee.

Questo è iniziato a cambiare 10 mila anni fa circa, quando gli octosapiens iniziarono a dedicare la maggior parte del loro tempo a manipolare la vita di alcune altre specie di esseri viventi. Questo ebbe inizio nella punta estrema della penisola  del Mediterraneo, quando alcuni octosapiens iniziarono a rendersi conto che i mitili si sviluppavono in modo spontaneo lungo alcune semplici piccoli bastoni o paletti che gli octosapiens conficcavano in terra per delimitare le zone di caccia, prevalentemente in zone poco profonde. Quando i primi miticoltori appresero il ciclo di crescita delle cozze cominciarono a costruire i collettori artificiali per coltivare i mitili ed ottimizzare il ciclo di semina, crescita e raccolta. In realtà, in tempi diversi la rivoluzione ebbe luogo in varie aree del mondo e portò alla transizione da uno stile di vita di sussistenza, basato su raccolta e caccia all'addomesticazione e coltivazione di alche, piante ed animali.

La rivoluzione alimentare ebbe profondissime conseguenze non solo sull'alimentazione octosapiens ma anche sulla struttura sociale delle antiche comunità di octosapiens. Mentre le comunità prima della rivoluzione alimentare erano tipicamente semi-nomadi all’interno di specifici habitat,  in gruppi di piccole dimensioni, tipicamente da 10 a 50 elementi, e poco strutturate da un punto di vista sociale, fu l'introduzione della coltivazione di mitili e specie edibili simili a dare il via allo sviluppo di comunità sedentarie di sempre maggiori dimensioni, progressivamente strutturati in comunità di dimensioni maggiori. L'incremento della densità di octosapiens in spazi più ristretti a sua volta favorì e condusse alla strutturazione della società octopode e, come conseguenza di una divisione del lavoro, alla nascita di forme di amministrazione politica più complesse, nonché al commercio. Inoltre, attraverso l'insediamento stabile e la possibilità di contare su fonti di sostentamento stabili, l’octosapiens iniziò in questo periodo a manipolare l'ambiente a proprio vantaggio. I più antichi esempi noti di società includono i  , che furono anche i primi a lasciare tracce scritte della propria esistenza, la cui nascita quindi segna anche il passaggio dalla preistoria alla storia.

Una delle statistiche che meglio può chiarire l’impatto di questa rivoluzione su octopoli è la seguente: alcuni studiosi stimano che la biomassa degli octosapiens e di tutte le specie addomesticate era circa lo 0,1% di tutta la biomassa all’inizio della rivoluzione, mentre adesso si stima sia intorno al 32% del totale, ed addirittura il 93% se si considerano solo la biomassa delle specie di dimensioni più grandi (che hanno peso medio indicativo maggiore di 10 grammi).

La rivoluzione scientifica

La scienza nasce con l’Octopus Sapiens. In qualche modo tutti gli esemplari della nostra specie (e forse anche di altre specie, in modo più semplice?), in un modo o nell’altro, cercano di formare un modello del mondo che li circonda. Questo modello è un tentativo di spiegarsi il funzionare e l’agire di agenti ed elementi dell’ambiente naturale con cui i nostri antenati interagivano. Inizialmente, indubbiamente, questo modello è intuitivo ed individuale o, al massimo, condiviso informalmente tra pochi individui o all’interno di piccole comunità. La caratteristica di questi modelli o proto-teorie scientifiche è la verosimiglianza. In altre parole, hanno la qualità dei buoni racconti: sono verosimili ed interessanti. La rivoluzione scientifica identifica il periodo storico in cui questi modelli, ed i metodi per definirli e verificarli, diventano più formali e, soprattutto, più sistematici e rigorosi.
Tradizionalmente, si fa iniziare la rivoluzione circa 300 anni fa, periodo nel quale alcuni modelli – alcune teorie scientifiche - specialmente in chimica e biologia, si affermano non come racconti verosimili, ma come sistemi verificabili. Forse un po' meno interessanti – questo è opinabile, ma certamente più che verosimili: verificabili. Grazie a queste prime timide teorie, che aprono la strada ad un metodo scientifico inizia un’accelerazione di scoperte e metodi che via via si rafforzano l’un l’altro creando ulteriore accelerazione. Questa accelerazione continue a tutt’oggi, e non vi sono elementi che facciano pensare ad un rallentamento, se non, potenzialmente, una distruzione dell’ambiente da parte dell’octosapiens stesso, dovuta ai troppi cambiamenti, troppo velocemente, provocati nell’ambiente. Per rendersi conto dei cambiamenti operati dall’octosapiens al nostro pianeta, si pensi al cambiamento delle proporzioni relative della biomassa cui facevamo riferimento in precedenza. Cambiamenti di queste dimensioni prima avvenivano in tempi relativamente lunghi, mentre adesso avvengono nello spazio di poche generazioni.

Come dicevamo, per consuetudine, ci si riferisce alla rivoluzione scientifica come il periodo nel quale gli sviluppi in chimica e biologia inizialmente, ma poco dopo anche in matematica e fisica, trasformarono la visione della società degli octosapiens riguardo la natura. Anche questa rivoluzione, curiosamente, ebbe inizio nella penisola del Mediterraneo, dove varie comunità di octosapiens iniziarono a immergersi nell’atmosfera per sfruttarne le risorse, fino ad allora non utilizzate. Questo cambio di ambiente ha portato a cambiamenti di prospettiva nella visione delle cose, ed in particolare alla ricerca di similarità e differenze tra il nostro ambiente naturale e l’atmosfera (e successivamente anche oltre l’atmosfera). Questo afflato speculativo, inizialmente provocò la nascita di una serie di teorie tra cui quelle più note di   e  , che pur avendo una certa coerenza interna ed abilità di spiegare alcuni fenomeni, non potevano spiegarli tutti. Finalmente, con l’opera di alcuni scienziati quali   e  , che nell’ambito rispettivamente della chimica e della biologia, oltre ad offrire delle teorie plausibili, si sforzarono di dimostrarle con osservazioni ed esperimenti, solidificando così un metodo scientifico, oltre che delle teorie scientifiche. La Rivoluzione scientifica è quindi un movimento di pensiero che, a partire dall'opera di questo scienziati, trova i suoi filosofi ed esprime la sua più matura configurazione nell'immagine dell'universo come organismo. Questa visione aveva dei vantaggi, permetteva di isolare l’osservazione dei fenomeni ad un livello specifico di complessità ed astrazione - l’organismo, ignorando la complessità insita nell’organismo stesso. Questo permetteva di trovare leggi generali ad ogni livello di astrazione su cui si voleva concentrare l’indagine scientifica.
Dopo un certo numero di successi, questo approccio mostra dei limiti. Mentre tende a spiegare i fenomeni nella loro unità, non permette una dettagliata comprensione delle parti. Circa 50 anni dopo, con il maturare di altre scienze quale la fisica, in particolare con le scoperte di  , ci fu un raffinamento degli strumenti matematici rispetto a quelli relativamente semplici usati in chimica e biologia, e la visione dell’universo rapidamente si modificò da “organismo” a “meccanismo”. Anche questa visione aveva vantaggi e svantaggi, ma rapidamente gli scienziati octosapiens abbracciarono entrambe le prospettive, usando la più appropriata di volta in volta.

La formazione di un nuovo tipo di sapere che necessita del continuo controllo dell'esperienza, richiede un nuovo tipo di “esperto” che non è ne il filosofo, né il mago né il commentatore di segni antichi; il nuovo “esperto” è lo scienziato moderno, che usa metodi e strumenti sempre più precisi, e che riesce a fondere la “teoria” con la “pratica”. Il rapporto tra scienza e tecnologia è un fenomeno che si è creato negli ultimi secoli; nel passato, lo sviluppo di nuove tecnologie, era primariamente condotto da artigiani, che in generale procedevano per tentativi non sempre avendo una base teorica per i loro sforzi. In realtà, il dominio degli octosapiens sull’ambiente, parte dalla scienza, ma si realizza negli sviluppi tecnologici, che sono sia conseguenze sia catalizzatori delle scoperte scientifiche.

Sono questi sviluppi tecnologici che permettono all’octosapiens di vivere ed operare su tutto il pianeta, nei mari, nell’atmosfera ed anche sotto il fondo del mare e dell’atmosfera. Il pianeta, in conseguenza di questi sviluppi tecnologici, e delle modifiche operate dall’octosapiens, non è più lo stesso, e questo ha connotazioni sia positive che negative. La popolazione degli octosapiens, adesso, non è più una specie come le altre, che raccoglie e caccia quanto la natura gli mette a disposizione, e scappa, in quanto preda di altre specie, giocando il proprio numero nell’estrazione a sorte della propria esistenza bruta e breve. L’octosapiens decide i destini del nostro pianeta – e forse dovrebbe farlo con più rispetto e cognizione di causa. Dopo aver quasi portato all’estinzione migliaia di specie, tra cui alcuni partecipanti alla corsa evolutiva all’intelligenza, gli uomini e molti altri primati, l’octosapiens ha fatto ammenda e ha creato degli habitat per assicurare che ogni specie di Octopoli abbia pieno diritto di residenza sul nostro pianeta.

Chissà cosa pensano gli uomini, quando ci guardano da dietro le loro gabbie in attesa del loro pasto quotidiano, e se ci giudicano loro carnefici o loro salvatori.