domenica 15 gennaio 2017

Una nevicata così non si era vista

Il treno ondeggiava e sobbalzava. Una nevicata così non si era vista da almeno vent’anni. Ero di ritorno da Ginevra, dopo aver fatto il trecentocinquantaquattresimo colloquio di lavoro. Forse trecentociquantaquattro no, ma sicuramente più di trenta li avevo fatti. Mi ero svegliato alle quattro di mattina per prendere il volo da Ginevra delle sette. Il check-in on line per i voli da Ginevra non funzionava, come avevo imparato a mie spese, per cui mi ero armato di pazienza e avevo messo la sveglia a quell’ora in cui i cristiani (ma anche i musulmani, ebrei, buddisti, induisti, zoroastriani e baha’i) dovrebbero dormire. Sono quindi andato in aeroporto due ore prima, per evitare complicazioni. Quando volavo più spesso per lavoro avevo avuto qualche disavventura a causa delle lunghe file che si creano talvolta nei fine settimana. Volevo evitare ogni problema, e mi sono presentato con un lauto margine di novanta minuti. Il gate era l’A6. Dopo i controlli di sicurezza mi sono avviato. Naturalmente non era un gate di quelli con il finger, quel connettore mobile chiuso che connette direttamente il terminale con l’aeromobile. Invece, sarebbe stato un imbarco con l’utilizzo dell’autobus. Non un buon inizio, con quella temperature gelida di inizio Gennaio. Non sopporto la perdita di tempo e il disagio dell’imbarco con l’autobus. E pazienza…
Fortunatamente il volo per Roma è avvenuto senza grossi problemi, e in orario. Ho pensato fosse di buon auspicio, visto che il tempo disponibile per la connessione per Bari era risicato. Arrivato a Roma sono andato rapidamente al gate per prendere il volo per Bari. Appena arrivato, ho visto che però aveva un ritardo previsto di un ora. Ho pensato che sarebbe stato meglio, ci sarebbe stato più tempo per caricare il bagaglio in stiva. Sistematicamente, durante tutti i miei viaggi precendenti, quando c’era un tempo di connessione a Roma striminizito, il risultato è stato sempre quello di non ritrovare il bagaglio a destinazione. Non un grosso problema quando torni, come in questo caso, ma un enorme problema all’andata. In una circostanza, a New York per lavoro, il bagaglio mi arrivò quattro giorni dopo. Dovetti comprarmi un intero guardaroba. Non un grosso problema, in quel periodo.
Passata l’ora, il tabellone delle partenze si è aggiornato aggiungendo un'altra ora di ritardo. Ho chiesto spiagazioni alla signorina, che con distacco, mi ha detto che c’era una eccezionale nevicata a Bari, e gli aerei non stavano atterando. In effetti Marina me lo aveva detto che c’era il rischio di neve a Bari. Non avevo dato peso alla cosa. A quel punto ho chiamato Marina, per aggiornarla sul mio vaggio e non farla stare in pensiero, e mi ha confermato che c’era una nevicata in corso che non si era vista da moltissimi anni.  Ho chiuso la telefonata, e sono tornato a guardare il tabellone. Volo cancellato. E adesso?
Mi sono messo in fila per parlare con la signorina, aspettando il mio turno. Dopo aver parlato con una decina di passeggeri con vari gradi di incavolatura, dal giallo paglierino (pochi) al rosso vivo (quasi tutti), è toccato a me. Io di natura sono un giallo paglierino, ma lei, invece di essermene grata, si è mostrata di un rosso vivo. Le ho chiesto gentilmente se potevo essere riprotetto in un volo successivo, e ho sperato che i passageri di prima non avessero occupato tutti i posti disponibili. Lei mi ha detto che la situazione meteo nell’aeroporto di arrivo era in peggioramento, che i voli successivi non stavano accettando nuovi passeggeri, essendo a rischio di cancellazione anch’essi, e che, comunque, il mio bagaglio era stato sbarcato e avrei dovuto ritirarlo a Roma. Avrei però potuto chiedere il rimborso del resto del biglietto. Grazie. Ero stato scaricato dall’Alitalia. E pazienza…
Io ho sempre cercato di volare Alitalia, per un orgoglio italiano, ma a volte veramente ti fanno passare la voglia. Non era quella la prima volta e pensai che non sarebbe stata l’ultima. Ho pensato a quando un viaggio di 12 ore da Oukbar a Bari è durato invece 40 ore, e di come puzzavo all’arrivo a casa. Come sempre avrei comunque continuato a volare Alitalia. Poi mi sono ricordato e ho riformulato la frase: avrei comunque continuato a volare Alitalia se fossi riuscito a trovare un lavoro che mi avrebbe permesso di volare, per lavoro o per svago.
Va bene. Non era la prima volta che mi sono trovato in situazioni simili e sapevo bene come fare. Ho subito preso l’iPhone e ho cercato di prenotare al volo un treno frecciargento per Bari. Ce n’erano. Ho controllato gli orari, prendendo il primo disponibile, sarei arrivato alle sette di sera, dovevo sbrigarmi, ma potevo farcela. Ho tentennato prima di acquistare, un tempo non l’avrei fatto. E se avessi avuto problemi nel trovare la valigia? Erano ottantacinque euro di biglietto. Se non avessi trovato la valigia avrei rischiato di perdere il treno, ed i soldi del biglietto. Di questi tempi dovevo stare attento a come spendere i soldi. Ho deciso di aspettare e di ritrovare la valigia prima.
Sono uscito dalla zona di sicurezza dell’aeroporto per entrare nella zona ritiro bagagli, i tabelloni indicavano i nastri di ritiro bagagli per i vari aerei in arrivo, ma non per i bagagli sbarcati da aerei in partenza. Altra consultazione con il gentile personale di terra. Questa volta non lo intendevo in senso ironico, la signorina è stata gentile e mi ha dato le giuste indicazioni. Ho recuperato la valigia. Meno male, avevo il mio abito migliore lì dentro, comprato quando potevo spendere. Ho rifatto rapidamente la ricerca per il biglietto e ho provato ad acquistarlo online. Posti esauriti. Eravamo in tanti a voler tornare a Bari. E pazienza…
Ho cercato soluzioni successive e fortunatamente c’era un treno più tardi, che partiva alle diciotto da Roma termini e arrivava alle dieci di sera. Ho chiamato Marina per aggiornarla della situazione. Lei mi ha riferito che la nevicata continuava vigorosa, ed i bambini si stavano divertendo da matti in giardino.
Altro problema. Avevo lasciato l’albergo alle cinque di mattina, dopo aver compiuto tutti i riti mattinieri, sia quelli che è possibile includere in un racconto, sia quelli che pare sia più elegante evitare di menzionare, nonostante certi scrittori non si facciano scrupoli. Erano le dodici ed io ero praticamente fuori dall’aeroporto. Avevo bisogno di una toilette. Ho pensato che avrei potuto cercare un ristorante economico vicino Roma termini, dovevo pur mangiare, ed avrei usato la toilette. In altri tempi avrei usato la toilette della business lounge dell’Alitalia.
Sono andato per prendere il treno dall’aeroporto di Fiumicino per Roma Termini. Ai tornelli per entrare bisognava mostrare il codice QR del biglietto. L’ho ritrovato nel mio cellulare e l’ho mostrato. Non viene accettato. Ho riprovato più volte, ma niente. Sono andato a chiedere chiarimenti dall’addetto alla biglietteria: stavo sbagliando qualcosa? Ha controllato il mio biglietto e mi ha fatto notare che era per le diciassette. Non avrei potuto usare quel biglietto alle dodici e trenta. Avrei dovuto aspettare almento tre ore. Con un sorriso ironico mi ha fatto notare che noi (noi chi?) abbiamo sempre troppa fretta e quando compriamo online non facciamo caso agli orari. Tutta colpa dei tempi moderni, troppa fretta ecc… Non era il momento di entrare in quella discussione, tantomento con lui. L’ho interrotto e gli ho chiesto se potevo ottenere il rimborso e comprare un nuovo biglietto con l’orario corretto. No, non potevo, sosteneva. Il biglietto online, pare sia automaticamente vidimato, e quindi non rimborsabile.
Dovevo andare in bagno. Credo di non averlo guardato in modo amichevole, e sono andato a comprare un nuovo biglietto. Altri quattordici euro. E pazienza…
Ho preso il treno per Roma termini, dove sono arrivato dopo mezz’oretta. Ho cercato un ristorante a buon prezzo. Ne ho trovati tanti che non avevano la toilette, che facevano panini, pizze a taglio, street food insomma. L’urgenza iniziava a farsi sentire. Ho cercato ancora e finalmente trovo questo ristorante, non proprio economicissimo, ma insomma, dovevo andare. Sono andato, ho fatto quello che dovevo fare, mangiare ed altro, e sono uscito. Mi sono un pò sentito in colpa perché non avevo lasciato la mancia. Avrei dovuto, visto che avevo abbondantemente approfittato dell’ospitalità del locale.
Ho girato un pò per Roma a piedi portandomi il trolley dietro. Dalla stazione termini ho preso le vie che portano verso il Quirinale. Ho fatto qualche foto alle splendide fontane nelle vie vicine e le ho mandate al gruppo famiglia di Whatsapp. La fontana di fronte all’ingresso del Quirinale era gelata, inusuale per Roma, foto ed invio. Arrivo poi a Piazza Venezia, selfie con altare della patria sullo sfondo ed invio. Ho pensato di girare un po’ i negozi di via del Corso, ma dopo aver visto il primo ho cambiato subito idea. Meglio di no. Ho girato verso il Pantheon. Selfie ed invio. Sono arrivato a piazza Navona. Mi sono ricordato della rivalità tra il Bernini ed il Borromini. Ho fatto una foto alla fontana dei fiumi del Bernini, ed in particolare alla figura che rappresenta il rio della Plata, con il suo braccio alzato quasi a proteggersi dalla imminente caduta della chiesa antistante, costruita, almeno in parte, dal Borromini. Ho fotografato anche sant’Agnese, sopra la colonna di destra della chiesa del Borromini, con la mano al petto, quasi a rassicurare i quattro giganti della fontana sulla solidità dell’edificio. Ho aggiunto due righe per spiegare la curiosità ai bambini ed ho inviato le foto. Ho continuato verso Castel Sant’Angelo e Piazza San Pietro, mentre ascoltavo la bellissima sinfonia n.3 di Gorecki, che avevo riscoperto da poco. Sono arrivato a Piazza San Pietro con la magnifica voce di soprano che cantava le melodie del terzo movimento e mi sono reso conto che era ora di tornare verso la stazione.
Il treno per Bari non era in ritardo. Meno male. Mi sono preparato a salire sul treno, che sembrava assaltato dai mohicani. Probabilmente tutte le persone cui avevano cancellato i voli per Bari (e probabilmente anche per Brindisi) si accalcavano per prendere questo treno. Non prometteva bene, sarebbe stato un viaggio affollato. Sono salito sul treno, che è partito subito dopo, dapprima con un andatura lento, e poi via via ondeggiando e sobbalzando lievemente. Una voce meccanica ha annunciato che a causa delle critiche condizioni meteo il treno potrebbe subire ritardi. Pare ci sia una bufera di neve sui passi appenninici, dove la temperatura è scesa addirittura sotto i meno dieci gradi. Mi sono detto che non avrebbe potuto fare più scuro di mezzanotte, come dicono i siciliani, e mi sono addormentato quasi subito, comprensibilmente. Era dalle quattro di mattina che ero in movimento.
Mi sveglio ascoltando l’ennesima ripetizione della playlist con le gymnopedie e le gnossienne di Satie. L’iphone è scarico, dov’è il caricatore? Il treno sembra rallentare, credo siamo tra Benevento e Foggia. Il treno si ferma. Nevica abbondantemente, ma lievemente. Non quella neve violenta spinta dal vento, ma una neve che scende retta, copiosa, lieve. Pare ci sia un problema nella linea, qualcuno scende. Scendo anch’io, chissà perché senza il cappotto.
La musica di Satie è quel tipo di musica che i registi di mestiere mettono, silenziando tutti gli altri rumori e rallentando i movimenti, quando arriva la scena dell’eroe che corre verso il finale, dove morirà, dove non ha scelta. Anzi, dove avrebbe scelta, ma è un eroe, e la scelta è quindi obbligata. Dove farà l’estremo sacrificio per salvare il mondo, o la donna, o la famiglia. Mentre penso questo, mi accorgo che il treno lentamente riparte. Con gli auricolari nelle orecchie non avevo sentito la partenza, e con il buio, la neve, non hanno visto che sono rimasto fuori.
Posso fare la mia scelta. Posso ancora farmi vedere e fermare il treno, oppure rimanere in disparte ancora un pò e perdermi nella neve. Non è un suicidio. Sono loro che sono partiti senza di me, non mi hanno visto. L’assicurazione pagherà. I bambini avranno regali di natale anche per tutti gli anni a venire.
Mi siedo sulla neve. Adesso sento freddo. La terza gnossiene di Satie inizia la sua delicatissima melodia. La ascolto con gli occhi chiusi. La melodia finisce insieme alla batteria dell’iPhone. La neve che scende, copiosa, lieve, è bellissima adesso.